02 ottobre 2020
Nella settimana di Juventus-Napoli è impossibile non pensare a José Altafini. A partire dal 1972, con il suo passaggio dagli azzurri ai bianconeri, è stata utilizzata la dizione “alla Altafini” per definire il giocatore “anziano” (all'epoca si percepiva tale un calciatore di 34 anni) in grado di fare ancora la differenza a fine carriera, magari anche solo per lo spezzone di partita nel quale viene impiegato.
MILANO-NAPOLI
L'estate del 1965 rappresenta per José un momento di svolta della sua carriera. Il giovane arrivato dal Brasile, chiamato Mazzola per la presunta somiglianza con Valentino del Grande Torino, si appresta a lasciare il Milan dopo 7 anni trascorsi in rossonero. Ogni giorno che passa si susseguono ipotesi disparate circa il suo trasferimento. Dapprima sembra profilarsi un clamoroso passaggio all'Inter. Poi si parla di un diritto di prelazione del Torino. Quindi spunta l'ipotesi del Brescia. Tocca poi alla Juventus farsi avanti, il Milan chiede pedine di scambio quali Bercellino, Salvadore e Del Sol e la trattativa non si concretizza. Infine, su Altafini arriva il Napoli che lo mette in coppia proprio con uno juventino: Omar Sivori. La reazione della città è a dir poco entusiasta.
LE CLASSIFICHE DI JOSE'
Sette anni dopo finalmente si concretizza il passaggio di Altafini alla Juve. A Torino arriva con un compagno del Napoli, Dino Zoff. Nel suo libro Incredibile amici – Il mio manuale del calcio, scritto nel 2009, José stila una serie di top ten relative a ruoli e funzioni. E nel meglio del calcio mondiale non può che esserci un po' di Juventus: Zoff per l'appunto e Buffon tra i 10 migliori portieri della storia; Baggio, Platini e Zidane tra i giocatori con il miglior controllo di palla; ancora Platini e Del Piero come specialisti nel tiro; ancora Baggio nel dribbling; Scirea e Thuram esempi di difensori; Charles e Bettega – con cui ha giocato insieme – straordinari nel colpo di testa.
L'ADRENALINA
Secondo José per essere un buon calciatore bisogna seguire un insieme di regole, la prima delle quali è alla base di tutto: «Se non ti diverti, smetti di giocare». A Torino lui continua a essere felice in campo, anche perché trascorre i momenti in panchina a studiare i punti deboli degli avversari, puntualmente colpiti quando poi entrava in partita. Quanto all'allenamento, sostiene che è fondamentale riuscire a ricreare le condizioni di adrenalina che si ritroveranno poi in partita. Fuori dal gioco, invece, ammette che orari e diete non fanno per lui. A Napoli il mister Pesaola lo sapeva e ironicamente si raccomandava che non rientrasse a casa prima delle 3 di notte...
191 GOL
Alberto Fasano presenta così ai lettori di Hurrà Juventus l'attaccante che arriva in bianconero forte di 191 reti segnate in Serie A: «L'Altafini centravanti riunisce in se le doti di tutti i compagni: scatto, tiro, dribbling, senso acrobatico, astuzia, tempo, coraggio. Sa sempre sfruttare l'occasione, oppure sa crearla, anzi offrirla al compagno meglio piazzato (come sovente capita). Costruisce il gioco e lo determina. Sa scagliarsi addosso al portiere che tarda a liberarsi della palla, ripete il tackle allo stopper o a qualsiasi altro difensore che gli ha interrotto il dribbling».
IL CANDIDATO
Tanti i gol: 120 nel Milan, 71 con il Napoli. Con la Juve ne aggiunge 25, alcuni fondamentali come quello alla Roma nell'ultima giornata del 1973. Il più importante lo segna da ex partenopeo proprio nella sfida del 1975 che di fatto indirizza il campionato a favore dei bianconeri. Da quel giorno per Napoli diventa core 'ngrato, da scritta su un cancello del San Paolo. Un sentimento incancellabile, come confermarono i soli 1746 voti raccolti in città quando si candidò nel 1987 per il Partito Repubblicano Italiano, con franca ammissione del candidato: «Nessun rammarico, non ho fatto campagna elettorale».