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Formazione Juventus, gran finale con Chiellini

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Formazione Juventus, gran finale con Chiellini
Formazione Juventus, gran finale con Chiellini
Formazione Juventus, gran finale con Chiellini

I campionati stanno volgendo al termine e con essi anche gli appuntamenti stagionali. Come quello con Formazione Juventus, il progetto portato avanti dal Settore Giovanile bianconero e coordinato dal professor Claudio Cortese del dipartimento di psicologia dell’Università di Torino. Protagonisti dell’ultimo incontro sono stati i Pulcini 2002 e un relatore d’eccezione come Giorgio Chiellini. Il difensore livornese, laureato in economia, è passato dall’altra parte della cattedra e, ospite di Paolo Rossi di Juventus Channel, ha raccontato molti aneddoti della sua carriera. Una carriera già molto piena e intensa, per un ragazzo che ad agosto compirà appena 29 anni. Dagli inizi a Livorno, al secondo Scudetto consecutivo conquistato in questi giorni. Intanto, proprio per la sua carriera da studente ancora in corso, Chiellini ha sottolineato l’importanza dello studio. «Per me non è mai stato un problema, pesava di più quando era un dovere, oggi lo faccio volentieri. Ho faticato solo un po’ il quinto anno di liceo, appena preso il diploma ho avuto l’esplosione nel calcio. Mi sarebbe piaciuto studiare medicina come mio padre, ma con l’obbligo di frequenza era impossibile, così ho optato per economia. Quanto studio oggi? Conosco i miei tempi e i miei limiti. Mi viene più facile quando sono in ritiro, nel giorno pre-partita. Invece fatico quando sono infortunato, la lontananza dal campo crea più tensione». Sul campo come nella vita, Chiellini fa della forza di volontà uno dei suoi marchi di fabbica. E il titolo del libro di mister Conte “Testa, cuore, gambe” rispecchia anche il suo credo. «Le motivazioni e la voglia sono fondamentali, ancora di più delle doti naturali. I sacrifici aiutano a crescere, a 11 anni come a 29. Fortunatamente sono nato in una famiglia in cui lo sport è sempre stato importante e sono cresciuto con i suoi valori. Per la carriera da calciatore è stato determinante l’approdo a 16 anni nella Prima Squadra del Livorno. Giocando con gente che aveva anche 20 anni più di me ho imparato tanto, soprattutto le regole di vita che ci sono nel calcio. Sono arrivato che ero poco più di un bambino e sono diventato un uomo. Quando ho esordito in A a Roma, giocando contro gente come Totti, Montella e Cassano, sono stato catapultato in un mondo tutto nuovo per me e la vera esplosione c’è stata con la Juve. Giocando con Capello, insieme a tanti fuoriclasse, ho potuto migliorare ancora, fino ad arrivare stabilmente in Nazionale». Una carriera in crescendo, che negli due anni ha iniziato a regalare le meritate soddisfazioni a Giorgio. I due Scudetti sono stati un giusto premio. «Questi successi mi hanno ripagato di tanti sacrifici. Sono stati frutto della forza del gruppo, perché nel calcio nessuno vince da solo, neppure Messi. Quello dell’anno scorso è stato lo Scudetto della rabbia. Basta pensare che cinque o sei elementi giocavano stabilmente anche nella squadra che l’anno prima era arrivata settima. E la difesa era la stessa, formata da me, Barzagli e Bonucci. In nemmeno due anni siamo diventati una delle retroguardie meno battute d’Europa. Lo Scudetto di quest’anno è invece quello della qualità, dell’organizzazione, ma anche della voglia di riconfermarci». Immancabile, il momento finale con le tante curiosità dei piccoli bianconeri. «Il gol più bello? L’ho segnato in un Fiorentina-Parma, un tiro da fuori, purtroppo non sono mai riuscito a rivederlo, non c’è neppure su youtube… Gli attaccanti più forti? Ibrahimovic ed Eto’o. Perché l’esultanza alla King Kong? L’ho studiata con i miei amici, volevo qualcosa che nessuno faceva e che mi caratterizzasse, siccome non sono uno che va tanto di fioretto, il gorilla mi sembrava perfetto!»

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