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Juve, Monaco e Champions: l’analisi di Evra

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Juve, Monaco e Champions: l’analisi di Evra
Juve, Monaco e Champions: l’analisi di Evra
Juve, Monaco e Champions: l’analisi di Evra

Sono parole da grande leader sia in campo che dello spogliatoio quelle di Patrice Evra, campione francese che in carriera ha vestito le maglie di Juventus e Monaco e stasera, sulla fascia, ha dettato legge rendendosi protagonista di intercetti, recuperi e lanci da applausi.

Vincitore della Champions con il Manchester United e finalista proprio con la squadra del Principato nel 2004, il laterale transalpino è uno dei quattro bianconeri in rosa ad aver superato lo scoglio dei quarti in carriera.

E, dall’alto della sua esperienza, questi sono i consigli che ha dispensato alla squadra in vista del ritorno, quando la Signora sarà chiamata a giocare in maniera semplice, efficace e senza farsi prendere dall’ansia.

Vale la pena qui riportare tutte le sue parole nella loro interezza.

«La semifinale resta sempre aperta: dobbiamo rispettare il Monaco, è una bella squadra. Non abbiamo fatto l’errore dell’Arsenal di sottovalutarli, anche se l’1-0 non è un grandissimo risultato. Ciononostante,ti mette in condizione di passare il turno. C’è ancora tanto da fare a Monaco»

Sarà la Juve la rivelazione di questa Champions, come lo fu il Monaco finalista contro il Porto più di una decade fa? «All’epoca, nel 2004, nessuno ci aspettava in finale. Con la Juve è diverso: siamo una buona squadra e, passando il turno, diventeremmo una grande squadra. Mi ricordo che alla Juve il discorso iniziale era quello di passare il turno, cosa che per me era naturale. Ora però dobbiamo andare avanti: ogni volta che porto questa maglia è responsabilità enorme, soprattutto ripensando ai grandi del passato che hanno fatto la storia».

A cosa è dovuto il blackout iniziale di questa sera? «Oggi ci siamo fatti prendere da un po’ di ansia», ha ammesso Patrice, «Quando sei favorito è più difficile: contro il Dortmund ci davano 50-50%, mentre il fatto di avere il favore del pronostico ti mette addosso più pressione»

«Quando sbagli un passaggio e poi un secondo vai in crisi», ha quindi concluso. «Invece dovevamo fare più passaggi semplici, con possesso palla. Non è questione di tattica, ma di un po’ di ansietà e del capire che il momento è decisivo. Non è l’avversario, non l’abbiamo sottovalutato: in semifinale poi può succedere di tutto, e se arrivassimo lì dobbiamo giocare il calcio che siamo abituati a giocare»

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