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La “Juve operaia”

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La “Juve operaia”
La “Juve operaia”
La “Juve operaia”

Un giro di orologio, in cui le ore sono decenni, ci accompagna attraverso una storia unica, nata per gioco, su una panchina, tanto tempo fa...

L’OTTAVA ORA (1967 – 1976)

Torino era divenuta una città operaia e anche la squadra di inizio di questa ottava ora venne chiamata così, la “Juve operaia”. Che però si concesse il piacere di gran lusso di conquistare il tredicesimo scudetto all’ultima giornata, ai danni dell’Inter. Una papera del portiere nerazzurro, Giuliano Sarti, a Mantova mentre noi battevamo la Lazio 2-1 e oplà, sorpasso di un punto. Inter, Lazio, ultima giornata. Non voglio anticipare nulla, ma la storia talvolta si ripete anche nel bene.

Sono una panchina e non posso non avere un debole per chi sulle panchine ci si siede. Quell’anno c’era un personaggio vulcanico, singolare a partire dalle iniziali del nome: HH, Heriberto Herrera. Quello famoso era il fratello, ma i romanzi migliori sono scritti in rimonta e lui quel 1967 diventò l’H principale.Con la fascia al braccio, lo splendido Sandro Salvadore, la cui stella brilla ancora incastonata nello stadio. Insomma, stavamo entrando nell’epoca d’oro. L’ennesima.

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Andrebbe scandito ogni minuto di quest’ora lunga dieci anni, per via di quanti eventi segnarono la nostra storia. Intanto, mi prendo lo sfizio di citare un altro che aveva la doppia H nel nome, Helmut Haller, biondo numero 7 che illuminò una stupenda formazione che annoverava Anastasi, Cuccureddu e Giuseppe Furino. Nessun nome a caso: di loro ancora si parla.

Ma, ripeto, sono una panchina. E allora lasciatemi citare lo sfortunato Armando Picchi e chi gli subentrò, quando la sorte ce lo strappò a soli 35 anni: il cecoslovacco Čestmír Vycpálek. Due indimenticabili allenatori che contribuirono a far evolvere il concetto di panchina. Con HH, furono loro a gettare i semi dell’allenatore moderno.

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Sopra di loro, lo avevate segnato, Giampiero Boniperti, presidente dal 1971. Colui che scovò e portò in bianconero i giovanissimi Roberto Bettega, Fabio Capello e Franco Causio. I pilastri di una delle Juventus più gloriose di ogni tempo.

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