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Black&WhteStories | Lippi e l'idea della vittoria

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A cavallo tra la chiusura di un anno e l'ingresso in quello nuovo, si vive una situazione sospesa per una squadra di calcio, presa in mezzo tra il bilancio di quello che si è fatto e le aspettative intorno a ciò che succederà nella seconda parte della stagione. Per questi motivi l'intervista rilasciata da Marcello Lippi a Hurrà Juventus nel numero di gennaio del 2003 assume un significato particolare a distanza di tempo. La soddisfazione per l'impresa del 5 maggio è ancora molto viva, non tanto per le modalità decisamente emozionanti del sorpasso all'ultima giornata sull'Inter, ma per la forza della concorrenza (compresa la Roma) che ha fatto sì che – parole del mister – lo scudetto fosse “bellissimo perché è venuto al termine di un campionato giocato alla grande dalle sue tre principali protagoniste”. 

Ma chi sta alla Juve – e Lippi è alla sua settima esperienza, spezzata in due periodi diversi – sa bene come non esista una celebrazione dei successi senza un forte pensiero a quelli che devono ancora arrivare. A maggior ragione dopo tre anni di digiuno, dopo che  “la parola “vincere” è tornata a pieno titolo nel nostro vocabolario”.Ripetersi non è assolutamente facile, come ha certificato per l'appunto la fine del 2002, un mese di dicembre dove la Signora ha raccolto solo una vittoria in campionato dopo un pareggio e due sconfitte consecutive. La classifica rispecchia la delicatezza del momento:  l'Inter e il Milan in testa; la Lazio immediatamente dietro; la Juventus – appaiata al sorprendente Chievo – staccata di 4 lunghezze. Conoscendo l'allenatore, è proprio da questa incertezza e dall'affollamento in vetta che si traggono gli stimoli maggiori per andare a compiere l'ennesimo capolavoro, la conquista del suo quinto tricolore.

LE SCELTE DI UN ALLENATORE

Ogni incontro con Lippi costituisce un'occasione per andare più in profondità sulla sua professione, per riflettere su cosa significhi gestire un parco tecnico di primissimo livello come quello che ha a disposizione. Dalle sue parole emerge la convinzione che la Juve gli abbia messo in mano un gruppo di altissimo profilo, come testimonierà del resto anche il cammino in Champions League, dove per arrivare alla finale dell'Old Trafford verranno eliminate le due principali formazione spagnole, il Barcellona e il Real Madrid campione d'Europa in carica. “Si sta concretizzato la possibilità di iniziare il 2003 con tutti i giocatori della rosa a disposizione: e non è poco, ve lo assicuro. Con la rosa al completo la squadra può puntare a qualsiasi traguardo”. A riprova di quanto sia vera quest'affermazione, ci sarà la partenza del nuovo anno, quando la Juve infilerà 8 vittorie e un pareggio nelle prime 9 gare di campionato.

Il tecnico viareggino sa bene che ogni scelta di formazione è sempre fonte di discussione critica, ma è profondamente convinto di quanto sia fondamentale contare su molti uomini: “E' molto difficile, se non impossibile, portare avanti il “progetto principale” sempre con gli stessi giocatori. Ecco perché è necessario cercare di coinvolgere il maggior numero possibile di giocatori anche a rischio di pagare un prezzo. Se cambi molto perdi qualcosa in qualità pura e negli automatismi magari, ma guadagni in freschezza, in condizione fisica ed in motivazioni”. Senza contare che non tutto si può spiegare ed è questa una delle forme di responsabilità connesse al proprio mestiere: “In determinate circostanze l'allenatore fa delle scelte in base a cose che lui sa ma che all'esterno non sono sufficientemente note: ci sono tanti piccoli acciacchi che potrebbero comportare dei rischi, c'è qualche giocatore che non può fare tre partite di seguito in sei o sette giorni”.

L'IPOTESI NAZIONALE

Può sorprendere che attorno al nome di Lippi si immaginassero orizzonti azzurri, visto il totale coinvolgimento nella Juventus. Evidentemente pesava l'esito negativo della spedizione mondiale nippo-coreana e la panchina del Ct in carica non era così salda. Come sia andata a finire lo sappiamo tutti, sarebbe stato proprio lui a laurearsi campione del mondo nel 2006, artefice di un'impresa tra le più difficili ed esaltanti che ha prodotto il nostro calcio (e dove proprio la sua conoscenza di molti giocatori bianconeri si è rivelata fondamentale). All'epoca, la sua risposta fu questa: “Io mi auguro che la Nazionale vinca sempre e che Trapattoni resti il più a lungo possibile al suo posto. A chi mi chiedeva se un giorno mi piacerebbe quel ruolo, mi sono limitato a rispondere quel che dico da tempo a tutti: che spero che la Juve mi mandi via il più tardi possibile e che dopo mi piacerebbe o allenare la Nazionale, o fare un'esperienza all'estero, o allenare in Italia una squadra di provincia con programmi interessanti. Una cosa è certa: non allenerò mai un grande club che non sia la Juve”. Tenendo conto anche dell'eccezionale percorso intrapreso poi in Cina, si capisce davvero quanto possa essere produttivo ogni tanto farsi una bella chiacchierata con “il” Marcello...

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