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Il (Primo) Quinquennio

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Il (Primo) Quinquennio
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Il (Primo) Quinquennio

LA QUARTA ORA (1927-1936)

Un’epoca che pensavo irripetibile. Il mondo juventino la chiama “Juve del quinquennio”, e io ve la presento così. Campioni memorabili, capaci di vincere cinque scudetti a fila. Per i decenni a venire si pensò che fosse un primato imbattibile. Ma, come insegnava Edoardo, bisogna impegnarsi e, se hai fatto bene vincendo cinque scudetti, puoi far meglio e vincerne sei.

Rosetta, Monti, Orsi, Ferrari, Combi, Borel sono alcuni di quei cognomi che hanno squarciato la notte dell’oblio e sono vividi oggi come allora. Mi avrebbe reso orgogliosa poter essere la panchina del mitico Comunale, che inaugurammo il 29 giugno 1933. Che partita! Battemmo l’Ujpest 6-2, nei quarti di Coppa Europa Centrale. Era a Torino, tra corso Sebastopoli e via Filadelfia, la casa più frequentata del Paese. La Juventus qui divenne universale e si fidanzò con l’Italia intera.

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Rimase la nostra dimora fino al 1990. Giocammo 890 partite e festeggiammo 17 scudetti. Quel giorno ero radiosa e pensavo a quanto sareste stati orgogliosi di vedere come un’idea, in trent’anni, fosse diventata un ideale.

Quasi due anni esatti dopo scoccò il quarto rintocco. Aveva un tono triste, perché ci lasciava Edoardo, tranciato dall’elica di un idrovolante nel porto di Genova. Aveva solo 43 anni ma, proprio come voi, non è mai morto davvero. La sua impronta si distingue ancora.

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