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Il discorso di Andrea Agnelli agli Azionisti

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Il discorso di Andrea Agnelli agli Azionisti
Il discorso di Andrea Agnelli agli Azionisti
Il discorso di Andrea Agnelli agli Azionisti

Signori azionisti buongiorno,

La giornata odierna segna il punto finale della stagione 2012-2013, un’annata che ha visto la Vostra Società continuare in campo e fuori dal campo nel progresso intrapreso nelle ultime tre stagioni. Il bilancio sottoposto oggi all’approvazione di questa Assemblea segna ricavi record e ricongiunge questa Juventus alla sua storia. Il campo aveva già precorso i tempi e ci aveva visto riportare a casa lo scudetto nel 2011-2012, ma il bilancio che avete tra le mani ha un significato particolare poiché segna un sensibile avvicinamento al pareggio operativo, confermando comunque il risultato sportivo, cioè il successo sul campo: 2° scudetto e 2° Supercoppa consecutivi.

Questa gestione, questo management con l’aiuto di voi Azionisti, Exor e mio cugino John in primis, ha saputo, in appena tre anni, vincere quattro trofei, ricostruire un patrimonio tecnico in precedenza seriamente compromesso e porre le basi per lo sviluppo futuro della Juventus.

Ma non basta.

Le vittorie e i record sono destinati ai registri e agli albi d’oro. Il nostro compito è costruire il futuro. Il fatturato di oggi colloca la Juventus nella top ten mondiale. Il record precedente la poneva tra le prime tre società al mondo. E’ un dato di fatto. In 10 anni si è perso molto terreno.

Il compito di chi ha un ruolo di responsabilità nel sistema sportivo, sia esso un dirigente di società o un membro di un’istituzione, è guardare negli occhi la realtà per affrontare le nuove sfide. Lo sport e il calcio in particolare offrono continue occasioni di esaltazione o di sconforto. Il dibattito mediatico e la passione dei tifosi accentuano enormemente questo andamento altalenante, ma chi ha l’onore di governare o di assumere decisioni, nelle istituzioni come nei club, deve trovare un punto di equilibrio. A distanza di un anno dal nostro ultimo incontro, la situazione del calcio italiano rimane immobile: l’ho scritto nella recente lettera indirizzatavi e lo confermo oggi. La perdita di competitività di sistema è talmente palese che solamente un irresponsabile può negarla. La Juventus potrà continuare ad essere competitiva in campo internazionale ed equilibrata finanziariamente solo se sul fronte dei ricavi il sistema la metterà in grado di esprimere completamente il proprio potenziale. Non è un alibi. E’ un accorato appello a reagire e a non considerare il declino come ineluttabile. Può suonare retorico, ma il destino è davvero nelle nostre mani.

In un contesto come quello italiano che da molto tempo ha sviluppato una radicata cultura di potere e una precaria cultura di governo, non è facile anzi è difficilissimo.

Peraltro, va detto, come può la politica prendersi a cuore le sorti della locomotiva del calcio italiano, cioè della Serie A, quando è proprio il calcio italiano a dimostrare quotidianamente di non saper né progredire né trovare la capacità di governare in modo adeguato il proprio comparto? La Serie A, e tutto il calcio italiano, devono tornare a essere una controparte credibile e affidabile per tutti, dai policy makers ai tifosi, dal mondo delle aziende al mondo per noi tutti ormai determinante dei broadcasters televisivi.

Si badi bene: Juventus non ha nessuna intenzione di rimettere in discussione principi ormai consolidati e condivisi come quello della negoziazione collettiva dei diritti televisivi, che tutti i paesi evoluti hanno adottato o come nel caso della Spagna presto adotteranno. Non è questo il punto.

Penso che un sistema più efficiente, più attento al prodotto calcio, cui tutti teniamo, troverebbe un migliore riscontro sia sul mercato italiano, ma ancor più su quello straniero, dove la Serie A vale una frazione modesta della Premier League. Dove la Bundesliga, dopo averci superato nel ranking sportivo, va via via raggiungendoci per valorizzazione del prodotto calcio. Il gap tra grandi e piccole società in Inghilterra come in Germania si è progressivamente ridotto ma questo processo non si è compiuto a detrimento di Manchester United o Bayern Monaco. Tutto il comparto ha saputo aumentare il proprio valore con un lavoro incessante, partito in un caso venti, nell’altro dieci anni fa. In quel periodo il calcio italiano volgeva il proprio sguardo all’estero con un senso di superiorità e con un’arroganza che forse già allora era fuori luogo. “Siamo i migliori al mondo”: si diceva in quel periodo. Oggi, su questo tema specifico, l’obiettivo deve essere duplice: da un lato, perseguire con maggiore fermezza un percorso di crescita del valore complessivo dei diritti tv, (che oggi ammontano a circa il 60% del fatturato della serie A), dall’altro ridurne il peso relativo rispetto agli altri ricavi commerciali (sponsorizzazioni, merchandising, ricavi da Stadio), aumentandoli più che proporzionalmente. Si può e si deve fare. L’accordo con il nuovo sponsor tecnico, annunciato nella serata di ieri, che entrerà in vigore dal primo luglio 2015, dimostra che esiste un margine di crescita ancora rilevante e segna il ritorno della Juventus su valori di livello europeo anche in questo settore.

La Lega di serie A deve avere il coraggio di prendere in mano i propri destini, deve trovare una nuova capacità di dialogo con le istituzioni sportive e con i policy makers, deve affrontare i problemi con maggiore serenità e volontà di creare in sé ed intorno a sé un consenso, senza il quale continueremo ad avere stadi decrepiti e mezzi vuoti, componenti della medesima Federazione che perseguono obiettivi particolari e non sistemici, tutele inadeguate dei nostri marchi di fronte agli abusi e alla contraffazione, leggi cervellotiche che si propongono di limitare la violenza, ma ottengono solamente di limitare l’accesso ai tifosi e agli appassionati. Insomma dobbiamo tutti invertire in maniera drastica una tendenza che segna un progressivo e definitivo allontanamento del pubblico da quella che rimane la principale passione collettiva nazionale.

La Juventus, tutta la Juventus, compresa la sua gente, sta costruendo il futuro, ma vive ogni giorno il profondo disagio che l’immobilismo, l’inazione e spesso, la superficialità, alimentano costantemente. Si tratta di un fardello che pesa sul futuro, ma che non ci bloccherà. Ripeto: le disfunzioni del sistema calcio italiano, la cui stigmatizzazione era comunque doverosa in questa sede, non possono e non dovranno essere un alibi per la Juventus, che non ha abbandonato, bensì continua a sviluppare la propria propensione alla leadership.

Dopo aver affrontato una dura fase di ristrutturazione societaria, iniziata con l’elaborazione del piano industriale, entrato oggi nella sua terza stagione, la Vostra Società ha i mezzi e le competenze per aumentare l’internazionalizzazione del proprio brand, dopo una fase di appannamento, causata principalmente dai deludenti risultati sportivi e dalle vicende giudiziarie, su cui ci siamo espressi molte volte e sulle quali la mia opinione non è cambiata. L’ingresso di nuovi sponsor di calibro globale e il continuo sviluppo quantitativo e qualitativo dei digital media sono la prova che il percorso intrapreso va nella giusta direzione.

La Vostra Società ha basi solide, anche grazie al Vostro sostegno, e i muri di questo stadio lo testimoniano. In poco più di due anni questa struttura è diventata un punto di riferimento in Italia ed è già stata scelta dall’Uefa per ospitare la finale di Europa League, un evento che porterà decine di migliaia di appassionati provenienti da tutto il mondo a visitarla e milioni di tifosi a vederla sui propri teleschermi.

Ora dobbiamo andare avanti e il progetto Continassa rappresenta senza ombra di dubbio un nuovo traguardo che questo management deve tagliare. Da pochi giorni la Juventus è entrata in possesso dell’area contigua allo Stadium, sul lato nordovest, dove sarà trasferita la sede sociale unitamente al centro di allenamento della Prima Squadra. SI tratta di una nuova prova dell’impegno della Società nella riqualificazione del quartiere, oltre ad essere uno dei più grandi investimenti effettuati a Torino dal tempo dei Giochi Olimpici Invernali con importanti riflessi sul piano occupazionale.

Dal 2010 la Juventus ha esercitato una progressiva attrazione di nuovi talenti sia in campo sia fuori dal campo. Tutti si sono messi al servizio, tutti hanno potuto esprimere le proprie capacità al servizio di un disegno comune e condiviso, tutti hanno il desiderio di continuare.

Ce l’hanno Paratici, Nedved, Conte e i ragazzi che sanno da tempo di avere un’occasione unica per entrare nei libri di storia bianconera, agguantando il terzo scudetto consecutivo, un’impresa di grande difficoltà. Perché vincere è sempre complicato e richiede l’impegno strenuo di ogni componente. Rivincere lo è ancora di più.

Ce l’hanno Marotta, Mazzia, tutto il gruppo dirigente e i dipendenti che ogni giorno gestiscono la Società e creano continue novità in un ambiente stimolante ancorché sottoposto al vaglio continuo dell’opinione pubblica.

Noi non ci fermiamo. Vogliamo trovare nuove forze, nuovi stimoli, nuove idee per offrire al calcio italiano il contributo di cui continua ad avere urgente necessità.

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