«Sto abbastanza bene. Ho accusato un piccolo dolorino che sembrava mi dovesse tenere fermo quattro o cinque giorni e invece, dopo gli accertamenti del caso, a quanto pare, non sarà così, quindi c'è molta fiducia». Gigi Buffon è tornato dalla Nazionale con un risentimento al flessore della coscia destra, ma durante le interviste rilasciate a Mediaset e Sky (trasmesse su Premium Sport nel pomeriggio e in uno speciale in onda su SkySport1HD questa sera e nel pre partita di sabato) manifesta ottimismo in vista del suo impiego nel big match contro il Milan.
«Questa, come qualsiasi partita da qui a Natale influenzerà il nostro cammino – continua il capitano - Dobbiamo esserne consapevoli: abbiamo la possibilità di essere padroni del nostro destino. Questa è una gran fortuna e allo stesso tempo una grande responsabilità».
E il destino ha voluto che sabato la Juve incontri il Milan e che proprio contro i rossoneri, vent'anni fa, Gigi facesse il suo esordio tra i professionisti con la maglia del Parma. Era il 19 novembre 1995 e a soli diciassette anni, inchiodò lo squadrone allora guidato da Fabio Capello: «Tra le due, la partita con maggior significato è quella di vent'anni fa, perché sarebbe poi stata la mia presentazione al mondo del calcio - spiega Buffon - Ricordo bene le ore che la precedettero. E ricordo perfettamente che il desiderio e il godimento di giocare una sfida così importante erano molto più grandi dell'ansia e della tensione. A Parma tutti mi consideravano il figlioccio un po' matto, visto che io avevo solo diciassette anni e c'era gente di trenta, trentacinque anni. Stavamo andando allo stadio e vedevo che un po' tutti erano sorpresi e forse anche preoccupati per il fatto che avrei giocato io. Così, per trasmettere serenità e fiducia, mi rivolsi a Melli dicendo: “Ciccio, guarda, spero proprio che al Milan diano un rigore, così lo paro”. Lui sorrise e mi chiese: “Ma da dove salti fuori tu?”. In fondo i compagni erano abituati a certe mie uscite e con affermazioni bizzarre del genere stemperavo la tensione. Tutti mi fecero sentire il loro appoggio».