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Parole da Campioni

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Parole da Campioni

Immaginarsi la scena descritta qui sopra è tanto semplice quanto piacevole: ci sono poche cose sfiziose quanto gli aneddoti da spogliatoio. Se si va al di là del divertente sfottò tra due toscanacci, se si legge con attenzione, c'è però molto di più. Ci sono tutti gli ingredienti che plasmano un gruppo vincente. “Stimolarci”, “rapporto paritario”, “fiducia”, “stima”... Non solo solo parole. Sono i mattoni con cui la Juve ha costruito il suo Muro.

L'esegesi delle dichiarazioni dei bianconeri si rivela un esercizio utile, perché, più di tante analisi tecniche e tattiche, spiega come venticinque uomini possano diventare una cosa sola. “La cosa importante è che la Juve vinca...”, “Non conta... ”, dice Sami Khedira. Non sembra il motto originale “Alla Juventus vincere non è importante, è l'unica cosa che conta”? Khedira è tedesco e mastica poco l'italiano, ma per certe cose non serve il dizionario, ti si imprimono nella mente e diventano parte di te. E quando questo accade anche a chi è nel cuore del gioco, allora quelle frasi si tramutano in fatti.

Come i pezzi di un puzzle, ognuno è unico e indispensabile. Il “ci completiamo” di Cuadrado” è la spiegazione, la più semplice possibile e per questo ancora più efficace, di come il pallone, con la Juve possa scegliere come rotolare fino nella porta avversaria. Può servire un dribbling fulminante, un sinistro vellutato, un'incornata, una sventola, un'acrobazia... Là davanti troverà sempre la soluzione adatta.

Mantenere la tensione alta per tutta la stagione, senza eccessi. Massimiliano Allegri, ha avuto ancora una volta la capacità di dare una forza dirompente ad una parola, “equilibrio”, che in fondo è sinonimo di tranquillità, di moderazione. Con il mister invece cambia significato e suona più come spietata lucidità. Soppesare il momento, non lasciarsi andare all'euforia quando le cose vanno bene, molto spesso, o farsi condizionare dalla delusione dopo una sconfitta, caso rari, sono una delle chiavi della gestione del gruppo.

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Allo stesso tempo, quando si dispone di una rosa ampia e di qualità è fondamentale riuscire a coinvolgere tutti nel proprio progetto, anche chi necessariamente gioca meno.

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Allegri è stato maestro in questo e nel coinvolgere tutti, proprio tutti, nel proprio progetto, grazie anche ad un'altra qualità che pochi tecnici al mondo hanno tanto evidente: la capacità di leggere le partite, non solo a gara in corso, ma prima ancora di scendere in campo, quasi le avesse già vissute, per poi intervenire durante i 90 minuti e, qualora fosse necessario, cambiarne l'esito. Lo ha ripetuto spesso in questi anni: «chi entra dalla panchina può essere più decisivo di chi è già in campo». Si gioca in 14 insomma, non in 11. Un concetto che altri avrebbero presentato come rivoluzionario e che lui riesce a far sembrare quasi banale.

Con la stessa lungimiranza con cui imposta le partite, Allegri disegna l'intera annata. Ci sono momenti ben precisi in cui si decidono le sorti di una stagione e sono leggere le sfumature che ti permettono di sfruttarli. La preparazione atletica, ovvio, ma anche, forse soprattutto, l'approccio mentale: i muscoli possono girare al massimo, ma se la testa non è pronta, correre non basta. Per prepararla non servono necessariamente adrenalinici discorsi. “Responsabilizzazione” è la parola chiave: Allegri ha saputo rendere ognuno dei suoi giocatori capace di comprendere che per vincere, per entrare nella Leggenda, l'approccio ad ogni partita dev'essere tosto, aggressivo, ma ha anche insegnato loro a dosare le energie nell'arco di uno stesso incontro, perché dopo tre giorni ne arriverà un altro. E anche quello andrà vinto.

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Plasmare un gruppo che abbia il desiderio di migliorare ogni giorno non solo la tecnica, aspetto su cui Allegri insiste parecchio, ma anche la capacità di gestirsi, è un altro straordinario successo che va al di là del campo. Perché riuscirci significa crescere degli uomini. E questo, nel calcio, vuol dire costruire campioni.

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