«Con il calcio ho superato i NO della vita»
Gli ospedali sono una delle tipologie più particolari di non-luoghi. Posti dove il tempo si ferma, dove la vita aspetta nella sua frenesia, e dove l’unica parola che conta, quasi come un imperativo, è Cura.
Che sia momentanea, legata a uno stato acuto, oppure un appuntamento costante, per tenere sotto controllo un problema cronico, come quello di Lorenzo.
Già, perché Lorenzo, praticamente da quando lo ricorda, vive l’ospedale come un passaggio ai box, regolare nella sua ripetitività. Lorenzo, centrocampista Juventus One, team C1, convive con la talassemia e necessita, ad appuntamenti continuativi e molto precisi, di trasfusione.
«La talassemia è qualcosa che da fuori non vedi», racconta, e ha perfettamente ragione. Non è su una sedia a rotelle, non ha deficit cognitivi, apparentemente è fisicamente integro e perfetto. Ma ha qualcosa, dentro, che a intervalli regolari, si fa vivo in lui, sotto forma di affaticamento, quando non di dolori in tutto il corpo. Per non parlare delle conseguenze a lungo termine e dei rischi legati a qualsiasi sottovalutazione di un sintomo, seppur piccolo. La talassemia, infatti, è una patologia che si manifesta quando il corpo ha difficoltà a produrre correttamente l'emoglobina, i globuli rossi, per capirci.
«La diagnosi è arrivata presto, avevo 18 mesi, gli accertamenti arrivarono a causa di una febbre costante, che non passava, e la famiglia scoprì il mio problema. Ho fatto fatica, io stesso, per anni, ad accettare il fatto che dovessi convivere con questo problema. Poi in me è scattato uno “switch”».
Lo switch di cui parla Lorenzo è di quelli radicali: a 18 infatti lascia Pizzo Calabro, dove è nato e vissuto e dove resta tutta la sua famiglia, e come si dice in questi casi, “sale”. Destinazione Torino.
«Avevo alcune opzioni sul tavolo, ma mio nonno mi ha convinto a scegliere Torino: perché avevo qualche parente qui, e soprattutto perché c’è la Juve».
Lorenzo è di stirpe bianconera, cresciuto a pane, Baggio e soprattutto Del Piero, e quando arriva in città cambia, letteralmente la sua vita. «Ho avuto qualche anno faticoso, anche perché avevo sviluppato una sorta di immunità e le trasfusioni non funzionavano al 100%. Poi ho risolto, ho sviluppato il mio percorso di studi e ho anche ripreso a giocare a calcio. Soprattutto, ho allargato i miei orizzonti. Curandomi, e vivendo in città, ho visto non solo quanta gente avesse il mio stesso problema, ma ho anche conosciuto persone con disabilità invalidanti, dure da affrontare. Mi sono detto: “Lorenzo, sei fortunato, tu puoi vivere la tua vita in modo normale”».
Ed è stata, e tuttora è, una vita piena, la sua: studio, laurea, lavoro, impegno sociale (è stato fino a poco tempo fa presidente dell’Associazione Talassemici Piemonte), passioni artistiche e teatrali, un matrimonio in arrivo.
E, ovviamente, il calcio. La Juve. Che torna, costantemente.
«Vivendo a Pinerolo ho conosciuto la realtà del Pinerolo FD, che poi è diventato Juventus for Special e Juventus One. Ed è qualcosa che ho vissuto e vivo in modo totalizzante, in campo e dando anche una mano fuori dal campo».
Quando si dice “non chiamatelo solo calcio”, Lorenzo ci spiega in che senso: «Gioco alla Juventus, è il coronamento di un sogno mio, e anche della mia famiglia, un orgoglio enorme ed è anche il modo di superare i “NO” che la vita ha sempre provato a mettermi davanti. Ricordo bene l’emozione del primo allenamento, dello spogliatoio, della sensazione di vivere un’esperienza da calciatore. Sono cose che restano addosso».
Se dovessi dire cos’è Juventus? «Appartenenza. E appunto, superamento dei limiti».
Lorenzo sorride, continuamente. Ci racconta la sua vita mentre è in corso la sua trasfusione, e la sua è una vita completa, piena, proprio come il suo sorriso. E il motivo è semplice, e incredibilmente disarmante.
«Io festeggio il mio compleanno tutti i giorni».













