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Boniperti Campione anche dietro la scrivania

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Boniperti Campione anche dietro la scrivania
Boniperti Campione anche dietro la scrivania
Boniperti Campione anche dietro la scrivania

Impossibile pensare all’uno senza riferirsi all’altra e viceversa: Giampiero Boniperti e la Juventus sono praticamente sinonimi. E lo sono perché la sua è una storia unica, di un giocatore-bandiera che è diventato dirigente prima e Presidente poi. «La Juve non è soltanto la squadra del mio cuore. È il mio cuore», ha detto un giorno, una sintesi perfetta che definisce la sua vita in bianconero.

Dirigente

IL GIOVANE DIRIGENTE

Di lui si è detto che da giocatore si comportasse come un dirigente che sapeva fare tutto, innamorato del calcio in ogni suo aspetto. E da dirigente – carica assunta appena messe le scarpette al chiodo – non abbia mai smesso di pensare come un calciatore, in grado perciò di capire più a fondo le ragioni del campo. «Il calcio è la possibilità di stravolgere un pronostico»: non è una delle frasi più note di Boniperti, ma è certamente quanto ha appreso negli anni '60 quando ha iniziato ad avere responsabilità in società, in un periodo dove la Juventus vinceva in maniera episodica. Una fase di studio importante: da Presidente, carica assunta dal 1971, è riuscito a portare il club a una continuità di successi mai avuta prima.

01BonipertiAgnelli

GIAMPIERO, UMBERTO E GIOVANNI

Giampiero Boniperti è stato l'uomo che ha incarnato la cultura di rinnovamento della famiglia Agnelli e lo ha fatto per un periodo lunghissimo. In un'assemblea dei soci, nel 1956, Umberto disse che la società faceva affidamento su di lui «per un reale ed effettivo attaccamento ai colori sociali e non soltanto per motivi professionali»: una valutazione che valeva per il giocatore e che ha assunto ancora più forza dopo, quando lo ha definito «il Presidente ideale, adesso ha più grinta di quando giocava”. «Alla presidenza di Giampiero Boniperti non porrei un limite di tempo»: è una frase pronunciata da Giovanni Agnelli nel 1976, quando il ciclo inaugurato dalla nuova Juve è appena agli inizi e deve ancora arrivare il meglio. Ed è andata proprio come auspicava l'Avvocato: sotto la gestione Bonipertiana il club bianconero è diventato il primo in Europa a vincere tutte le competizioni internazionali.

BonipertiBettegaPlatini

LA FILOSOFIA BONIPERTIANA

Giampiero Boniperti insieme a due pilastri del suo lavoro. Roberto Bettega: l'anima torinese della Juve, il prodotto del vivaio, il coraggio di puntare sui giovani. Michel Platini: il fuoriclasse internazionale preso in anticipo sulla concorrenza, il gusto di ricercare e avere il meglio del calcio, la forza di un club che migliora con i campioni e contemporaneamente li completa.

BonipertiTrapattoni

UNA VITA COL TRAP

Più sono grandi le sfide, più bisogna saperle affrontare con coraggio. Dopo 3 scudetti in 4 anni, la Juventus nel 1976 vede i cugini granata prevalere in campionato. Boniperti sente che c'è bisogno di una sterzata radicale e punta su un tecnico giovanissimo: Giovanni Trapattoni. Mai scelta si rivelerà più azzeccata. Il Trap diventerà l'allenatore che siederà più a lungo sulla panchina, 10 anni di trionfi in ogni dove fino al 1986 e un appendice dal 1991 al 1994.

Boniperti1977

ITALIA, EUROPA, MONDO

Giampiero Boniperti ha il merito storico di allargare l'orizzonte della Juventus. Dopo avere conquistato l'egemonia in Italia, allargando a dismisura il divario degli scudetti vinti su Inter e Milan, la sua Juve conquista tutte le coppe europee. Un crescendo inarrestabile, che ha come punto di partenza una squadra tutta italiana – quella della Coppa Uefa del 1977 – e arriva alla Coppa Intercontinentale a Tokyo nel 1985. In questo arco temporale, solo in una stagione – il 1979-80 – la bacheca della Signora non si arricchisce di un trofeo.

BonipertiScireaZoff

VINCERE NON E' IMPORTANTE...

La frase più famosa di Boniperti, la summa della sua juventinità è nota: «Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta». Una sfida innanzitutto a se stessi, a migliorarsi continuamente, ad andare oltre i propri limiti e a fare in modo che un successo non sia mai un punto d'arrivo, bensì la stazione di partenza. Per riuscire in tutto questo il Presidente ha una capacità davvero straordinaria nel valutare gli uomini. Con lui la Juventus diventa una società ricca di figure di riferimento per anni e anni, come Dino Zoff e Gaetano Scirea, capaci di trasmettere cultura e valori del club. Ha riassunto bene uno di loro, Antonio Cabrini: «Boniperti è stato un personaggio carismatico e decisivo che viveva per la Juventus, ventiquattro ore su ventiquattro».

Tribuna

IL PRIMO TEMPO

Un rito, una scaramanzia, un modo di vivere le gare da primo tifoso. Il più delle volte, Boniperti lasciava la tribuna dopo 45 minuti, andava a parlare alla squadra negli spogliatoi e poi preferiva isolarsi: «Dopo il primo tempo andavo via per soffrire di meno, mi chiudevo in ufficio, facevo un solitario e aspettavo che mi venissero a dire com’era andata. Preferivo non parlare con i giornalisti subito dopo la partita». Anche in questo il Presidente è stato assolutamente unico.

BonipertiMennea

L'IMPEGNO PER LO SPORT

Nell'esperienza da parlamentare europeo, Giampiero Boniperti era fiero che nel trattato di Maastricht fosse stata inserita la parola sport «che non figura nella Costituzione italiana». Oltre alla Juventus, il suo lavoro è stato anche orientato alla promozione dell'attività sportiva attraverso la gestione della Sisport, società del Gruppo Fiat, a partire dalla fine degli anni '70. Un periodo importante, con protagonisti di livello mondiale come Sara Simeoni e Pietro Mennea, campioni dell'atletica leggera.

BonipertiDelPiero

IL PRESIDENTISSIMO

L’ultimo suo regalo da dietro la scrivania è stato l’acquisto di Alessandro Del Piero. Li abbiamo visti insieme l'8 settembre 2011, nell'inaugurazione dello Stadium. «Racconta a un bambino di Boniperti e gli avrai colorato il cuore di bianconero per tutta la vita», ha scritto Claudio Marchisio. In quella magica serata, Giampiero Boniperti lo ha fatto, ha ricordato il suo provino, ci ha regalato la sua felicità di tanti anni prima. Il tempo è magia: seduto in quella panchina, il Presidentissimo c'è sembrato uno dei fondatori, uno di quei ragazzi del Liceo Massimo D'Azeglio che hanno creato un sogno chiamato Juventus.

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