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Andrea Agnelli: «Il dogma della vittoria è juventino»

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Andrea Agnelli: «Il dogma della vittoria è juventino»
Andrea Agnelli: «Il dogma della vittoria è juventino»
Andrea Agnelli: «Il dogma della vittoria è juventino»

E’ stata una lunga chiacchierata, quella che ha visto protagonista il Presidente della Juventus, Andrea Agnelli, ai microfoni di Radio24, per una puntata di “Tutti Convocati” interamente dedicata a lui.

Un’intervista di quasi un’ora, durante la quale Andrea Agnelli ha fatto il punto sulla stagione bianconera, sul tecnico, Maurizio Sarri, sul campionato, ma anche sul futuro della Juventus e sulla sua visione del mondo del calcio.

Cominciando, ovviamente, dalla stretta attualità.

JUVE-INTER: COSA SUCCEDERA’?

«In questo momento la priorità per il sistema paese è la tutela per la salute pubblica: questo è quello che deve prevalere e che noi appoggeremo sempre. Partendo da questo presupposto, ci può essere un dialogo con i vari soggetti interessati: è difficile interrompere il calendario, dato che è molto intasato, a causa di decisioni prese precedentemente: iniziare il campionato tardi e non giocare durante la pausa natalizia comporta il fatto che recuperare una partita diventi complicato.

Anche organizzare una gara come Juventus-Inter in un luogo differente dall’Allianz Stadium è estremamente difficile: siamo consapevoli che se si gioca a porte chiuse ne risentono lo spettacolo e il prodotto che viene venduto all’estero, ma ripeto, quello che conta maggiormente è la salute pubblica. Fermo restando che l’ordinanza, almeno in Piemonte, vige fino a sabato; pertanto, al momento, la partita si svolgerebbe con il pubblico».

LA STAGIONE DELLA JUVE FINORA

«Questo è il momento in cui la nostra stagione entra nel vivo e finora è stata ottima: a parte una piccola sbavatura in Supercoppa siamo primi in Campionato, in corsa in Champions League e Coppa Italia. Comunque è mia abitudine valutare una stagione intera: gli Scudetti si vincono a maggio ed è sciocco pensare di portarli a casa a febbraio. Siamo primi ed è questo che conta».

IL CAMBIO ALLA GUIDA TECNICA: «SIAMO FELICI CON SARRI»

«L’amicizia e la stima con Allegri sono rimaste intatte, le valutazioni tecniche hanno portato a un cambio: è accaduto collegialmente, come sempre alla Juventus, e il nome scelto è stato quello di Sarri; trovo fuori luogo le critiche verso di lui».

«Gli sponsor non sono esteti, ma sono juventini, cioè sposano la filosofia per cui vincere non è importante, ma l’unica cosa che conta. A loro interessa la visibilità e questa passa attraverso il risultato. Nel nostro giudizio l’applicazione di un modello tecnico come quello di Sarri, in questa determinata fase, può garantire il risultato».

«Guardiola? Sarebbe un’eresia dire che non si pensa a un allenatore come lui, ma in questa fase è felice dov’è e queste sono considerazioni che si devono fare sempre, nel caso di un giocatore, di un allenatore, ma anche per altri ruoli aziendali. Se si è felici, difficilmente si lascia per andare altrove. Allo stesso modo, con Sarri noi in questo momento siamo molto contenti e non abbiamo intenzione di modificare la situazione: abbiamo impostato il lavoro con lui su due-tre anni, perché la forza di un’idea sta nella sua prosecuzione nel tempo.

Il dogma della vittoria non è “allegriano”, ma è juventino: abbiamo vinto otto Scudetti, siamo in corsa per il nono e vorremmo vincere il decimo, ma la statistica ci dice che non sarà sempre così. La bontà delle idee, però, non si certifica solo con i numeri».

LA SFIDA CON CONTE E INZAGHI E IL PUNTO SUL CAMPIONATO

«Che effetto mi fa vedere Conte all’Inter? Lui è una bandiera juventina, Conte è Juventus e il rapporto è cordiale e disteso come deve essere. Siamo in un contesto di professionismo e lui ha accettato una sfida ambiziosa, quella di riportare l’Inter a vincere. Personalmente, l’idea di vivere un testa a testa con lui e Steve (Zhang), che stimo molto, è qualcosa che mi affascina.

Invece quello che si deve temere dalla Lazio è la spensieratezza. Non hanno l’obbligo di vincere e questo può aiutare, ma attenzione: diventa uno svantaggio se, nel momento in cui hanno due o tre risultati negativi, si sentono comunque soddisfatti di un probabilissimo piazzamento in Champions. Rispetto all’Inter parliamo di club diversi e non paragonabili, per rose e per filosofia: tanto per capirci, l’Inter non ha questa spensieratezza, anche perché con l’arrivo di Conte si è caricata addosso l’obbligo di vincere».

Tornando ai biancocelesti: «Conosco i fratelli Inzaghi, Simone e Filippo, da 30 anni, da quando Filippo era alla Juventus e abbiamo trascorso insieme tante serate. Sono due ragazzi perbene: Simone con la Lazio ha fatto un grandissimo lavoro ma bisogna vedere come reagirà all’obbligo di vincere».

«Giorgio Chiellini ci è mancato perché è un vero leader. Ma abbiamo una grande rosa che è stata capace di andare avanti anche in sua assenza. Il VAR? Mi piace, sono stato uno dei sostenitori del suo utilizzo anche in Champions, perché è utile. Dobbiamo ridurre quanto più possibile il margine di errore, di quello che in ultima analisi è un servizio, perché questo è l’arbitraggio: un servizio al gioco del calcio Le parole di Commisso? Hanno fatto capire a Sarri cosa significhi essere alla Juve, e in che modo si possa scatenare una campagna mediatica molto forte»

ARGOMENTO CHAMPIONS LEAGUE

«Più le squadre avanzano, meglio è per il ranking. Per quanto riguarda noi, dire che la Champions è un obiettivo, non significa che “bisognavincere. Il fatto che la Coppa non sia più un sogno, ma un obiettivo, certifica un vero e proprio cambio nel nostro status.

Il modello della Juventus è sempre stato ambire alla vittoria e all’innalzamento della sua dimensione sportiva. Adesso partecipare a certe competizioni, come la Champions League, porta grande visibilità e la possibilità di monetizzare in modo differente, con una ricaduta sul fatturato.

Come ci avviciniamo agli ottavi? Con grande rispetto, ma anche con consapevolezza dei nostri mezzi: ora arrivano le partite che i grandi giocatori vogliono disputare».

EFFETTO CR7

«Ronaldo è stato il primo giocatore per il quale abbiamo fatto una riflessione congiunta fra area sportiva e area Revenue e le valutazioni erano coincidenti. La Juve ora è a un passo dall’essere il quarto club al mondo sulle piattaforme digitali e c’è stata una grande ricaduta in termini di ricavi e sponsor.

Il nostro problema è l’appetibilità della Serie A all’estero: se le principali società italiane avessero un campione come Ronaldo o Messi, le ricadute sarebbero positive per tutti».

LA CRESCITA DELLA JUVENTUS

«Oggi il percorso del Club fuori dal campo soddisfa ampiamente la nostra storia recente. La differenza che c’è tra noi e i Top Club europei è la stessa che c’era già 10 anni fa: la crescita è stata omogenea, per chi come noi ha avuto un’ambizione internazionale.

Noi però scontiamo la questione dei ricavi provenienti dalla Lega domestica: l’anno precedente a quello in cui ho assunto la Presidenza della Juventus la quota di ricavo da diritti televisivi era di 128 milioni, attualmente è 95. In altre parole, il riconoscimento di quanto fatto dalla Juventus dentro e fuori dal campo in questi anni è stato zero, così come la crescita, anche se noi abbiamo investito circa 450 milioni fra Allianz Stadium e JVillage, oltre che sulle strutture di Vinovo. Possiamo allinearci ai sistemi messi in atto nelle altre leghe, ma quello che realmente fa la differenza dovrebbe essere la meritocrazia: in Italia manca un meccanismo premiante.

La capacità dello Stadio? E’ corretta: il nostro interesse è avere un impianto sempre pieno, e la saturazione media in questi anni è stata del 90/95%. Non è stata del 100% perché solamente da quest’anno, con misure meno restrittive legate al settore ospiti, possiamo fare entrare quando possibile i nostri tifosi nel secondo anello».

ARGOMENTO MERCATO

«Il mio obiettivo è dare a chi lavora sul mercato la “capacità di fuoco” per operare. Poi, le decisioni sono di chi se ne occupa; io ovviamente partecipo, ma è giusto che la responsabilità in questo senso sia di Paratici. Sotto esame? No: è un grandissimo dirigente, lo ha dimostrato e lo dimostra. L’unica differenza è che prima non era sotto i riflettori, mentre adesso lo è. Bisogna valutare il percorso di un dirigente come Fabio e ricordare che noi ragioniamo per cicli triennali: lui ha iniziato nel 2018 in questa posizione, e questo ciclo si concluderà nel 2021.

I giocatori che vengono accostati alla Juve? E’ un buon segno, significa che siamo un club ambito. Non possiamo acquistare tutti; la squadra si costruisce con una determinata logica, rispettando anche la volontà dei calciatori. Uno zoccolo duro di italiani è importante, così come lo è per qualsiasi squadra, perché rafforza l’identità. Comunque, la nostra ambizione è continuare a crescere».

AGNELLI E L’ECA: IL CALCIO DA QUI A 10 ANNI

«Non sono d’accordo sul fatto che l’Italia sia un limite per Club come Juve o Inter. Se da un lato valutiamo l’immobilismo degli ultimi anni della Serie A rispetto a leghe estere, dobbiamo considerare anche che, se si dovesse cambiare marcia, il vero valore, sta proprio in Italia, dato che altre leghe ormai si stanno saturando. La nostra nazione, con una strategia comune, ha un enorme valore che può sprigionare.

Il discorso sul calcio europeo è più delicato: il modello presentato lo scorso anno è stato raccontato solo per la punta della piramide e non nella base. Stiamo cercando di capire tutti insieme qual è il calcio che vogliamo per il futuro, non per un singolo club, ma per tutto il movimento. Dobbiamo fare sì che fra 10-15 anni questo sport resti attraente, e quello che attira sono le grandi sfide».

E infine, tornando ad argomenti… bianconeri: «Per la Famiglia Agnelli la Juve è un orgoglio e anche un rito. Quando vincemmo il quinto titolo consecutivo, mia zia Maria Sole, che aveva assistito al primo “Quinquennio” accolse allo Juventus Museum i giocatori, dicendo loro che li aspettava da tempo: l’auspicio è che anche noi si possa fare altrettanto.

Quanto al futuro più prossimo, il piano che abbiamo presentato agli investitori è la strada da seguire. Sapevamo che questo sarebbe stato un anno di trasformazione, ma siamo consapevoli che la via intrapresa è giusta per mantenere la Juventus competitiva, in campo e fuori, in Italia e all’estero.

Sono convinto che Fabio Paratici, Marco Re, Giorgio Ricci e Maurizio Sarri siano le persone giuste per farlo».

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